Le prime pistole

Le prime pistole (distinte dal precedente archibugio) comparvero verso la metà del Cinquecento, secondo alcuni in Toscana, a Pistoia, ove fiorivano botteghe di valenti armaioli e il termine deriverebbe proprio dal nome di quella città. L’etimologia ufficiale lo fa invece derivare dal ceco píšťala (“tubo, canna”), mentre secondo altri trarrebbe origine da pistoles, moneta spagnola di diametro uguale al calibro degli schioppi d’allora.


Le prime pistole sfruttavano il sistema di accensione a ruota (v. pistola a ruota): sul fianco destro dell’arma era imperniato un dischetto di acciaio dal bordo zigrinato, caricato a molla e vincolato al grilletto. Premendo quest’ultimo il dischetto girava, sfregando contro una barretta di pirite, tenuta in posizione fra le ganasce di una morsa del cane, da cui si sprigionavano scintille, che incendiavano la polvere d’innesco.
Il sistema a ruota, costoso e delicato, non offriva ampie garanzie di affidabilità, per cui gli artigiani dell’epoca sostituirono al dischetto ruotante il cane stesso, dotato di una pietra focaia stretta fra due ganasce. Arretrandolo, si comprimeva una molla e lo si agganciava al dente di scatto. Premendo il grilletto, il cane si abbatteva su una piastrina d’acciaio (batteria), sfregandovi contro con la pietra e producendo le scintille, che incendiavano la polvere d’innesco.
Ai primi dell’Ottocento si scoprì che alcuni composti chimici esplodevano se sottoposti a percussione: un piccolo involucro (capsula), contenente fulminato di mercurio, clorato di potassio e solfuro di antimonio, prese il posto dell’acciarino. La nascita del sistema a percussione, tuttora universalmente adottato, segna il definitivo ingresso nell’era moderna delle armi da fuoco: consente di ridurre enormemente le dimensioni fisiche dell’arma ed offre un’affidabilità di funzionamento pressoché totale.